DOCUMENTI INEDITI DEL XV E XVI SEC. A CURA DI LUIGI SQUIZZATO   

 

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LA CASA DEL FREGIO ALL’INTERNO DEL CASTELLO,
NEL QUARTIERE DI MESTRINA


 

Rimangono ancora diversi interrogativi, a cinquecento anni dalla morte del Giorgione, che non sono stati chiariti nemmeno in occasione della grande mostra celebrativa del 2010 tenuta a Castelfranco Veneto. Tra i tanti quesiti permaneva quello dell’individuazione certa del proprietario della casa del “fregio”, posta all’interno del castello a fianco del Duomo, meglio conosciuta come “Casa Marta – Pellizzari”, ora Museo Casa Giorgione. L’edificio è assai noto, infatti, per la fascia affrescata nella sala al primo piano, da molti storici e critici attribuito in parte alla produzione più giovanile del Giorgione. Alcuni si sono cimentati nella descrizione e nell’interpretazione del significato dei soggetti raffigurati nel fregio, sviscerandone le peculiarità nei minimi particolari, ma senza chiarire e accertare in verità chi fossero realmente il proprietario, il committente e l’esecutore della decorazione.

In queste pagine cercherò di approfondire, con note circostanziate, rinvenute in documenti notarili dell’epoca (XV-XVI sec.), di indicarne i vari proprietari e, tra di loro, individuare il committente del fregio.

Preferisco iniziare con un percorso d’indagine a ritroso nel tempo partendo dal 1600, con elementi più assodati e ovviamente dati per scontati. Il motivo è presto detto, più ci si allontana da questa data, minori sono le notizie al riguardo che trapelano dai documenti che ho consultato[1].
Contemporaneamente alla “Casa del fregio”, seguirò, sempre a ritroso, parimenti una medesima indagine per l’edificio, ora sede del Conservatorio di Musica Agostino Steffani, appartenuto un tempo ai Barbarella e che la tradizione ha sempre associato al Giorgione (individuandola come sua casa natale). Notizie dettagliate per quanto riguarda invece le vicende e i passaggi di proprietà dei summenzionati fabbricati dal XVII sec. ai giorni nostri, si possono reperire nelle pubblicazioni di Giacinto Cecchetto che ne fa ampia e dettagliata descrizione.

Per tutti e due gli edifici si poneva il problema di individuare in documenti notarili di compravendita, di locazione, di testamenti, di donazioni, e infine di divisione gli elementi descrittivi degli immobili, utili per la loro collocazione temporale circostanziata all’interno del castello.
Le due case, con le rispettive pertinenze, erano in qualche modo isolate dal contesto urbano: la prima ubicata nell’allora quartiere di Mestrina, confinava da tre lati con le vie e solamente a sera (a ovest) con l’area absidale della chiesa di San Liberale, la seconda invece aveva la prerogativa di essere addossata a monte alle mura del castello, nel quartiere del Musile.

Gli estimi generali stilati negli anni tra il 1518 e il 1522 nell’intera Marca Trevigiana[2], riguardanti Castelfranco, non ci aiutano a identificare i due edifici, in quanto questi non risultano censiti perché utilizzati come abitazioni residenziali dai rispettivi proprietari. Sono registrate, per quanto riguarda i cittadini e gli abitanti del castello, delle bastie e di borgo Alloco, solo le case, i sedimi, le botteghe o le porzioni di edifici locati, dati ad affitto, a livello o sfitti, e quindi come tali suscettibili di una presunta rendita. Non risulta iscritto, in tali estimi, nessun immobile di proprietà tenuto ad uso proprio, perché per convenzione dell’epoca ritenuto esente da reddito[3].

Ecco alcuni esempi di immobili censiti e delle relative rendite:

“Ser Francesco Spinello in dicta contrà una casa da muro in soler, da una la via da laltra li heredi de ser Dionisio Sasacher. Per la quale Simon zudio ge paga de fito ducati cinque”.

“Li heredi de ser Dionisio Sasacher in dicta contrà una camera a pe pian da una ser Francesco Spinello, da laltra la via. Per la qual maistro Piero scalzolaro ge paga de fito ducati do”.

“Ser Alouise Barbarella, in dicto loco quarto mezo de sedime da una e laltra le vie. Per lo quale maistro Sebastian Ruffo ge paga de fito paro uno caponi”.

Questi estimi sono, inoltre, molto generici nella descrizione e nella collocazione degli edifici, non riportando i nomi specifici dei quartieri e suddividendo Castelfranco in tre sottogruppi indifferenziati tra l’interno e l’esterno del castello – “Castello bastia et borgo alocho”, “Castello et bastia da la parte de sotto” e “Castello e bastia”. Anche le carte relative alle case di proprietà dei forestieri, quasi tutti veneziani, all’interno della cinta muraria sono per lo più quasi tutte lasciate in bianco, dando adito a una loro modesta presenza relativa al XV secolo. Questo particolare vuoto dell’estimo di inizio secolo, può essere colmato da un precedente estimo dei forestieri del 1453 fatto redigere nella podesteria di Castelfranco, “Descriptio possessionum nobilium Venetorum et aliorum popularium dicti loci existentium in territorio Castrifranchi, facta iuxta ducalia mandata”, in cui si evince che la presenza dei nobili veneziani è rilevante all’interno del castello, così come nelle regole circostanti. Nella descrizione dei beni dei forestieri, fatta redigere tra la fine del 1452 e l’inizio del 1453[4] per ottemperare alla ducale del 9 dicembre del 1452, in tutto il territorio trevigiano si rileva che all’interno delle mura erano state censite due case ad Andrea e Marco del fu Giorgio Cornaro[5]; due case a Giovanni, figlio del fu Vettor Soranzo dal banco[6]; una a Benedetto e Gerolamo Zorzi; tre, di cui una in fase di costruzione, ai fratelli Giovanni, Marin, Lorenzo e Francesco Moro; una ad Andrea e Lazzaro Mocenigo[7]; un sedime vacuo, ma con una casa da “statio” in borgo Treviso, nella contrada detta “al Paradiso”, a Orsato Morosini.

Gli estimi particolari degli anni 1490-1493 e 1505-1506, per tale ricerca, sono ancora più elusivi di quelli generali del 1518-1522, perché compilati su delle cedole e sulla base di dichiarazioni personali dai medesimi contribuenti (e non censiti da terzi incaricati come negli estimi generali), redatti con modalità generalizzata, utili solo alla stima del cavedale impositivo[8].
Più completi e precisi, nella specifica collocazione degli edifici nei quartieri all’interno del castello e nelle bastie, risultano gli estimi generali stilati a metà del XVI sec., nel decennio che va dal 1546 al 1556. Purtroppo anche quest’ultimi lasciano molti dubbi interpretativi poiché descrivono solo i confini delle case e loro pertinenze “da due bande”, previlegiando maggiormente nella descrizione della collocazione i limiti tra le strade che tra gli edifici contigui.

La città di Castelfranco, intesa come comunità di abitanti del castello e delle bastie, nasce nel senso moderno del termine ad inizio del 1400, quando viene tagliato il vincolo che legava la fortezza ai suoi feudatari. Il castello, fatto costruire dal comune di Treviso e mantenuto efficiente per più di due secoli, dapprima al servizio della Marca Trevigiana e in seguito della Repubblica di Venezia - che praticamente lo ricostruisce -, perde definitivamente la funzione per cui era stato edificato. Il motivo è presto detto: la Dominante si sente sicura dopo la sconfitta dei Carraresi e l’annessione del padovano e del bassanese, ha impellenti esigenze finanziarie, quindi dà il via alla dismissione e alla vendita dei feudi del castello. A partire dal 1406 e con proroghe successive fino al primo quarto del secolo, Venezia e Treviso decidono di permettere la francatura o la vendita dei rispettivi feudi: una costellazione di siti che nel corso del tempo poco alla volta dismettono la funzione difensiva, a partire dalla “Cittadella vecchia” o “Cittaleviere”[9], ai castelli di Godego, Treville[10], Brusaporco, Campretto, ai castellari di Valla’, di Salvatronda, Villarazzo, Resana, ecc.
Castelfranco diventa così un “contenitore” da riempire non più con “canipe” (magazzini) approntate per stoccare i rifornimenti in caso di assedio, ma con botteghe, case di proprietà e quant’altro. Gli ex feudi, nella maggior parte dei casi nel giro di una ventina d’anni, passano di mano, dagli originari abitanti delle regole della podesteria a numerosi forestieri non solo veneziani. All’interno della fortezza rimane solo un’esigua rappresentanza delle originarie famiglie feudali di antica data.

L’area interna del castello nel XV e XVI sec. era ripartita in quattro quartieri, denominati: di Mestrina, delle Fornaci, del Musile (raramente, ad inizio del ‘400, detto anche della “pusterla”) e di Montebelluna - divisi tra loro da due strade in parte ortogonali - la strada grande “magna” rettilinea che congiungeva e tutt’ora congiunge la porta anteriore (Borgo Treviso) con la posteriore (Borgo Cittadella) e la seconda di più contenuta larghezza che collegava le altre due torri mediane. Il primo tratto di quest’ultima, retto, collegava la torre detta della “pusterla”[11] al piazzotto del pozzo[12] di fronte all’ex palazzo pretorio. Il secondo tratto non rettilineo, iniziava sempre dal palazzo pretorio in corrispondenza grossomodo dell’Oratorio delle Grazie e si incanalava tra la casa della famiglia Campretto e l’edificio adibito a monte di Pietà[13], perveniva sulla laterale quindi girava verso sera costeggiando la fiancata di San Liberale e in prossimità del palazzo Novello svoltava passando davanti all’angusto sagrato e alla facciata della chiesa per concludere il suo percorso ai piedi della torre detta “delle campane”[14]. I quattro quartieri continuarono a suddividere parimenti il territorio della regola di Castelfranco “extra castrum” per tutto il Quattrocento ed inizio del Cinquecento, e ad essere citati nei documenti in particolare nei settori Nord-Ovest e Sud-Ovest (Musile e Fornaci), meno antropizzati, dove i confini della terra di Castelfranco a ridosso dell’alveo del torrente Muson coincidevano con i territori delle regole di Villarazzo e Treville. A Nord e a Est (Montebelluna e Mestrina) tali quartieri perdettero poco alla volta la loro denominazione a favore di quelle di Borgo d’Asolo, Treviso, Alloco. Anche quello di Bassano, l’ultimo sulla strada dei mulini che portava a Godego, quello della Pieve nuova, assieme alle bastie vecchia e nuova, da inizio del ‘400 venivano indicati con tali denominazioni, prendendo poco alla volta la preminenza sul nome del quartiere.

Il quartiere di “Mestrina” all’interno del castello comprendeva il quadrante Sud/Est e confinava a mattina con le mura, dalla torre di borgo Treviso e porta detta anteriore alla torre d’angolo verso la Pieve, a mezzogiorno sempre con le mura, da quest’ultima alla torre campanaria, a sera con la via che da quest’ultima torre portava (come dicevo pocanzi) con due variazioni di corso alla strada grande di fronte all’attuale oratorio delle Grazie, a monte con la la porzione della strada grande che collegava la porta posteriore a quella anteriore. Quello delle “Fornaci” occupava il quadrante Sud/Ovest: a mattina confinava con la strada che passava davanti alla facciata della chiesa di San Liberale, a mezzogiorno e sera con le mura prospicienti sul borgo Alloco, a monte sempre con la strada grande che dalla torre posteriore del “Musile” portava a quella anteriore.
La divisione non rettilinea tra questi due quartieri ha indotto più di un notaio e incaricati a redigere estimi e ad assegnare proprietà in modo discrezionale nelle stesure di atti di compravendita e nella descrizione dei beni. Il quartiere del “Musile” si estendeva a Nord/Ovest e confinava a mattina con la via che, proveniente dalla torre della postierla (mercato del bestiame), si dirigeva verso il palazzo pretorio, a mezzogiorno con la strada grande, a sera e a monte con le mura. L’ultimo quartiere, quello di “Montebelluna”, si estendeva a Nord/Est e confinava a mattina con le mura dirimpetto alla porzione a Nord della bastia vecchia, a mezzogiorno e sera con le due vie che intersecavano il castello e a monte con le mura del mercato e della bastia nuova[15].
A Castelfranco due erano le porte, come due erano i capitani designati dalla Dominante alla loro custodia fino ai primi decenni del ‘400. Anche Marin Sanudo nel 1483, nel suo itinerario nella terraferma, descrive “ … el qual castello è bello; à do porte: una da sera et l’altra da doman…”. La terza, affiancata alla torre della postierla, verrà aperta nel 1519 dopo la guerra di Cambrai per collegare direttamente con un ponte di legno l’interno del castello con il mercato del bestiame e la bastia nuova, denominata all’epoca “la porta nuova morosina” dal podestà Angelo Morosini. Quindi non necessariamente in corrispondenza della pusterla[16], che doveva trovarsi nel quadrante del quartiere del Musile, sempre verso monte[17]. Di una presunta quarta porta, verso il borgo “Alloco” in prossimità della torre campanaria, ipotizzata e segnalata dal Melchiori e a seguire da altri storici, tanto da aver dato adito alla progettazione e costruzione dell’odierno “ponte dei vivi”, come segno di continuità con l’allora presupposta esistenza di un “ponte dei morti”, non si trova nessun riscontro documentale ad avvalorarne l’esistenza. L’ipotesi dell’esistenza una quarta porta potrebbe esser stata motivata dalla presunta funzione di far passare le salme al fine di permetterne la loro inumazione nel cimitero del borgo della Pieve, ma ciò non trova una corrispondenza neppure dal punto di vista religioso dato dal complesso rapporto tra le due chiese della medesima pieve[18] e tra i cittadini e gli abitanti del castello e dei borghi[19]. Nell’area in corrispondenza del tratto murario del castello interessata della presunta porta erano situate diverse abitazioni con i rispettivi orti retrostanti estesi fino alla mura.
Forse un’imprecisa lettura di alcuni documenti archivistici della metà del Quattrocento ha fatto sì che un “super ponte mortuo” divenisse “super ponte mortuorum”. In realtà il ponte in questione, citato negli atti, era quello principale del castello che portava (e porta tuttora) verso il borgo Treviso, detto anche “anteriore”, per distinguerlo dall’altro “posteriore” verso Cittadella che, ancora levatoio e di legno, era ceduto e franato sulle fosse. Siamo nel 1444[20] e la Dominante mette a disposizione per l’anno seguente la somma di 150 lire piccole per la riparazione delle porte e dei due ponti[21].

Ma torniamo all’argomento principale, la casa del fregio. Nel 1622 la famiglia Marta diventa definitivamente proprietaria dell’edificio, dopo una parentesi di sette anni e mezzo di pagamento di un livello francabile sulla stessa. Il 4 gennaio del medesimo anno, a Castelfranco nella stessa casa del fregio, Marcellina, in qualità di commissaria testamentaria dell’ex marito Bernardino Marta del fu Giacomo, a nome suo e dei figli, riscatta il livello francabile pagando 500 ducati a Iseppo Tosetto, procuratore, a nome del padre Francesco, mercante abitante a Venezia, ma di origine castellana. Infatti il 29 giugno del 1614 Benardino Marta da Treviso, aveva dato la procura al notaio Gerolamo Pisani di Castelfranco di vendere la casa a Francesco Tosetto “… per se, et suos heredes, ad proprium jure proprio, et in perpetuum dedit, vendidit, et tradidit domino Francisco Toseto quondam domini Jacobi habitatori in inclita civitate Venetiis, ibi presenti, ementi, stipulanti, ac recipienti pro se et suis heredibus, unam domum de muro cuppis cohopertam, cum curia, horto, et cum omnibus aliis suis habentiis, et pertinentiis, positam intra menia huius castri, a mane via publica, a meridie similiter, a sero eclesia Sancti Liberalis, a monte via publica salvis et cetera …” per 500 ducati. Nello stesso giorno a Castelfranco, in casa di Domenico Dotto (marito di Vittoria, figlia del pittore Paolo Caliari detto “il Veronese”), il compratore, Francesco Tosetto, concede a Bernardino del fu Giacomo il livello francabile sulla stessa per un lasso di tempo di tre anni. Interviene come fideiussore del contratto Francesco Rizzetti, che a nome suo e del fratello Domenico, si impegna ad onorare il livello in caso di non solvibilità da parte di Bernardino Marta.

La casa del fregio era già stata acquistata dal padre di Bernardino, nel secolo precedente, precisamente nel 1575, anno in cui Giacomo Marta compra dal notaio Girolamo Bavaria di Treviso la casa. Il 7 novembre del 1575, nello studio del notaio Francesco Dotto, in presenza di messer Antonio Prosdocimo del fu Girolamo cittadino di Castelfranco e del maistro Matteo, marangon del fu maistro Giovanni, abitanti del posto e chiamati come testimoni, Girolamo Bavaria del fu Francesco, cittadino e notaio di Treviso, in qualità di padre, governatore e di tutore, nominato nello stesso giorno dal podestà (di Castelfranco), a nome dei suoi figli e della sua ex moglie Elisabetta, eredi del fu Girolamo degli Orefici del fu Francesco cittadino di Castelfranco, decide di alienare dei beni della predetta eredità. Afferma di vendere per recare il minor danno possibile alla sopraindicata eredità, per restituire i denari di un mutuo avuto per risarcire il residuo dotale a donna Lucrezia vedova del predetto signor Girolamo. Quindi, con il proprio diritto e in perpetuo, ha venduto al signor Giacomo Marta del fu Bernardino, cittadino di Castelfranco, lì presente, acquirente e stipulante per sè e per i propri eredi, una casa di muro e coperta di coppi con curia, orto, pozzo e con un’altra casetta addossata accanto all’orto con solari e altri suoi diritti, proprietà e pertinenze nella quantità, così come è posta dentro le mura di Castelfranco presso la chiesa di San Liberale, con questi confini: a mattina, mezzogiorno e monte le vie pubbliche, a sera la chiesa predetta di San Liberale salvo ecc. Item due casette a un piano, dietro la stessa grande casa, con i loro orti tendenti fino alle mura del castello, item un’altra casa di muro e coppi con il solaio, al presente abitata da Giuseppe portatore di vino, dietro la casa grande contigua ed addossata con le predette due casette e similmente con il suo orto fino alle mura del castello e con loro proprietà e pertinenze, come aveva acquistato e possedeva il fu messer Francesco Orefice, nonno materno dei detti eredi e suocero del predetto signor Girolamo, posta similmente dentro le mura del castello dietro la predetta chiesa, a mattina quelli dei Pulcheri, cittadini Castelfranco, a mezzogiorno le mura del castello a sera il signor Augusto Avogaro, con quella sua casa abitata da Angelo muratore mediante una certa piccola calle, a monte la via comune, salvo ecc… …. al prezzo di mercato di ducati mille d’oro, a lire 6 e soldi 4 per ducato. A buon conto e per parte del prezzo, lo stesso signor Girolamo, padre, governatore e tutore, come sopra, ha avuto e manualmente ricevuto da predetto signor Giacomo compratore in presenza di me notaro e dei testimoni soprascritti, ducati cinquecento tanto in oro e monete d’argento, il resto che è di altri cinquecento ducati … … promise di pagare… … per la completa e integra soluzione del predetto prezzo nel mese di ottobre del 1577…

Dunque il notaio trevigiano Girolamo Bavaria, vedovo di Elisabetta, sorella del fu Girolamo e figlia del fu Francesco Oredese (volgare di Aurifex , Orefice, de Aurificibus, degli Orefici), viene nominato tutore per i suoi figli minorenni, eredi da parte materna dei beni del cognato Girolamo Oredese, morto senza figli. Poichè deve restituire il residuo dotale ai famigliari della moglie di Girolamo, Lucrezia, sua cognata vedova[22], decide, nello stesso giorno in cui viene nominato tutore dei suoi figli dal podestà di Castelfranco, di vendere le case con le rispettive pertinenze, poste presso la chiesa di San Liberale.
La descrizione nell’atto non lascia dubbi nell’identificazione della prima come la casa del fregio - sia da parte dell’acquirente, il signor Giacomo Marta del fu Bernardino, sia nella descrizione dei confini. Era l’unica casa non confinante con altri fabbricati, né con le mura, circondata su tre lati da strade e con il quarto attiguo alla parte presbiteriale della chiesa di San Liberale. Le altre tre case, vendute, adiacenti tra di loro e poste dietro[23] la casa del fregio e della chiesa di San Liberale, in seguito demolite nel ‘700, occupavano una parte dell’attuale area absidale del Duomo. Confinavano a mattina con il terreno venduto alcuni anni prima dai Cornaro ai Pulcheri, a mezzogiorno, con i rispettivi orti, con le mura del castello, a sera (mediante una piccola calle di proprietà indivisa tra i due edifici confinanti) con una casa del nobile trevigiano Augusto Avogaro e a monte con la via pubblica. Appare da subito evidente che Girolamo Bavaria vuole disfarsi delle quattro case, visto il prezzo sottostimato di mille ducati che chiede a Giacomo Marta; evidentemente aveva fretta di saldare il mutuo contratto per la restituzione della dote alla cognata Lucrezia e non attende un giorno in più dalla notifica fattagli dal podestà di Castelfranco nel nominarlo tutore dei suoi figli[24].

 

[1] In seguito alla distruzione di buona parte di documenti pubblici e privati a Castelfranco, durante la guerra di Cambrai, confermataci dal notaio Giovanni Tempesta nel suo testamento del 1529: “… et perche havemo visto in questi tumulti de guerre esser sta brusà et squarzà in ogni loco scripture publice et private cum grandissimo danno de le persone et de li posteri…".

[2] ASTV, Estimi b. 145, n.1, Castelfranco Cittadini - b. 146 , n.6 e 7, Castelfranco Forestieri.

[3] ASTV, Capitoli dell’estimo della podesteria di Treviso 1486: “…item quod domus proprie et per eorum dominos personaliter habitate, nullo pacto extimentur…”. Capitoli dell’estimo generale 1518- 1522: “… che le case, caneve, magazini et orti esistenti sì in la villa come in la cità et castelli tenuti ad proprio uso et non affitadi non siano estimadi…”.

[4] ASTV, Estimi b. 50, 7 Podesteria “Castrifranchi”.

[5] Rispettivamente lo zio e il padre della regina Caterina Cornaro, con una casa nel quartiere di Mestrina e l’altra nel quartiere delle Fornaci.

[6] Una nel quartiere di Mestrina e l’altra nel quartiere delle Fornaci. Da tale data agli inizi del 1500 i Soranzo comprano, sempre all’interno del castello, altre tre case.

[7] Venduta in seguito a Tuzio Costanzo.

[8] Mauro Vigato, Castelfranco. Società, ambiente, economia dalle fonti fiscali di una podesteria trevigiana tra XV e XVI secolo, Fondazione Benetton Studi Ricerche, Canova, Treviso 2001.

[9] Così erano chiamate le “Motte” nel corso del XIII,XIV, XV e XVI sec. , poste al confine tra i comuni di San Martino di Lupari e Castello di Godego. Con il termine “motte” vengono denominate sporadicamente solo dalla seconda metà del 1500.

[10]Unico tra i castelli, oltre a Castelfranco, costruito in muratura. Ne sono testimonianza i recenti rinvenimenti del 2004, delle fondamenta di una parte della cinta muraria della rocca. Basi della cinta muraria con i resti della scarpata, pure in muratura sino a livello dell’acqua, sono state ritrovate in un’area ad ovest della “montagnola dei Saviane” (basamento dello “zirone” della rocca del castello) nel corso di lavori di interramento dei resti dell’antico fossato e sbancamento del terrapieno contiguo della ex rocca per costruire una strada a servizio di una nuova area industriale. Due anni dopo nei lavori di drenaggio per la costruzione del parcheggio a ovest della chiesa di San Daniele sono emerse altre strutture murarie. Negli stessi anni, a sud est della montagnola, nella proprietà del sig. Confortin Renzo, la Soprintendenza dei Beni Archeologici di Padova ha rilevato parte delle strutture murarie interrate dell’ex palazzo del castello dei Camposampiero. L’edificio, o resti di esso, con altre strutture difensive sempre diroccate del castello, passarono in eredità ai Soranzo ad inizio del ‘400 e un secolo dopo, nel 1517, ai Priuli.

[11] 1420, 21 gennaio “… in Castrofrancho ante turim pusterle super via publica presentibus …” ASBas. Not. Castelfranco b. 2C, Liberal Saxacher, alla data.Torre in seguito demolita.

[12] “In Christi nomine amen anno 1522 indictione decima die 5 septembris Castrifranchi apud puteum platee palatii…” ASBas. Not. Castelfranco b. 546, Girolamo Marta, alla data.

[13] Istituito nel 1493. A suo tempo demolito e ricostruito in seguito a fianco del Duomo - ora Biblioteca Comunale di Castelfranco

[14] In seguito detta “torre dei morti”, dopo la divisione tra le due chiese della Pieve “di dentro e di fuori” (San Liberale e Santa Maria della pieve nuova) e l’utilizzo delle due aree, a ridosso della stessa e divise dalla strada, come cimitero di San Liberale. La prima adibita a tale mansione nel corso del 1600, e come tale ancora appare nel catasto napoleonico e austriaco, contrassegnata dalla lettera C, la seconda, invece, predisposta a tale funzione dal 1710, dopo l’acquisto di un sedime con una casa cadente, confinante con le mura e torre del castello, coincidente all’area in cui è stata, alcuni anni dopo, edificata la parte presbiteriale dell’attuale Duomo.
ASBas b. 576c Notarile Castelfranco Notaio De Castelli Almerico Francesco cc. 6r e v.
“Nel nome del Signore Iddio amen: l'anno della nostra salute 1710, giovedì 12 del mese di giugno in Castelfranco nel sacro monte di detto loco, presenti. Le qual quondam Rosana fu moglie di Zamaria Orlando e Giustina di lei sorella figliole del quondam Bastian Soncin e Paolina Perosina giugali in virtù di sentenza di questo regimento 18 giugno 1647, e possesso 30 luglio susseguente possedevano una casa da muro coperta da coppi dentro le mura di questo castello apresso il cimiterio della chiesa di San Liberale, confina a matina il ill.mo, et ecc.mo d. Giacomo Marta, a mezodì le mura, a sera stradella che conduce alla torre delle campane da morto, et a monte via comune, la qual casa essendo già molti anni stata distrutta, rimane quel pocco terreno e fondo incivile, il quale aspettandosi a misser Bastian Orlando quondam Zamaria Orlando, et a Rosana, Giustina, Cattarina, Madalena et Isabetta e Veneranda figliole della quondam Chiara fu figliola della sorella Rosana Orlando maritata in Francesco Borella, come appar di dette successivi pronuncie di questo regimanto de dì 4 come, e non essendo per ricavare alcun utile di detto fondo essendo le però stato ricavato dal dottor Lorenzo Trento massaro della fabrica della chiesa antedetta per acrescer detto cimiterio…”

[15] Uso questa terminologia descrittiva così come all’epoca era consuetudine delineare i confini di un fondo, casa, sedime ecc., iniziando l’enunciazione dei confini in senso orario, volgendo lo sguardo a monte (Nord) e iniziando a partire da Est (a mattina, a doman, “a mane”), quindi a Sud (a mezzogiorno, a mezzodì, “a meridie”), poi a ovest ( a sera, “a sero”) ed infine ancora a nord verso le montagne “a monte”.

[16] Piccola porta normalmente in un luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare in caso di bisogno un collegamento tra l’interno e l’esterno della cinta muraria di una fortificazione.

[17] In alcuni documenti notarili del primo Quattrocento si cita la più antica contrada e via di “pusterle”, “extra castrum” coincidente con il quartiere del Musile.

[18] Pieve di dentro, San Liberale, e pieve di fuori, Santa Maria.

[19] Nei dettami testamentari la maggior parte degli abitanti dei borghi, costituiti all’epoca come appartenenti a comunità autonome come le altre regole della podesteria, davano disposizioni per la loro sepoltura nella pieve nuova di Santa Maria, nel cimitero, collocato nell’area del sagrato antistante alla facciata o all’interno della stessa. Al contrario i “cives” (cittadini), abitanti del castello e delle bastie, facevano riferimento ai due monasteri di Sant’Antonio, di San Giacomo e di San Liberale, dove avevano le tombe di famiglia.

[20] ASBas, Notarile Castelfranco, b. 9/A ( ) Notaio non identificato, cc. 8r, 10r.
Da due stralci di atti di vendita “ In Christi nomine amen anno nativitatis eiusdem millesimo quadrigentesimo quadragesimo quarto indictione septima die tercio mensis Martii, super ponte mortuo Castrifranchi versus Tarvisum …” - “… eodem millesimo et indictione die decimoseptimo mensis Martii super ponte mortuo apud logiam dicti pontis versus Tarvisium…”.

[21] ASVE, Senato, Deliberazioni, Terra. Registro I, c. 153v.
MCCCCXLV, die XV Martii. Quod nobili viri Bartholameo Pisani potestati Castrifranchi concedatur quod pro reparatione et laboreriis portarum et pontium ac munitionum illius loci, possit expendere libras centumquinquaginta parvorum de pecuniis nostri comunis.

[22] I beni dotali ritornavano alla famiglia di provenienza della moglie in caso di decesso del marito senza filiazione, come da contratto notarile stipulato al tempo del matrimonio. I figli di Girolamo Bavaria, in quanto eredi da parte materna dei beni del cognato Girolamo Oredese, morto senza eredi diretti, devono quindi rifondare i beni dotali alla famiglia di provenienza della moglie di Girolamo Oredese – Lucrezia vedova e senza figli.

[23] Mi sembra utile precisare che con l’uso dei termini “ante, retro” (davanti, dietro) riferiti a dei confini, s’intendeva identificare qualcosa che si trovava a monte e a mezzogiorno (Nord, Sud).

[24] Girolamo figlio di Francesco da Bavaria, notaio e cittadino di Treviso aveva sposato nel 1553 Elisabetta, figlia di Francesco Oredese del fu Steffani da Fontanelle del distretto di Crema, abitante, ma non ancora cittadino di Castelfranco.

Nel contratto nuziale, seguito in data 18 dicembre del medesimo anno, Francesco O. aveva assegnato a Girolamo B. a nome della figlia, una dote di mille e cento ducati d'oro, comprensiva dei seguenti immobili: 10 campi a Spineda, una riva con una casa e 6 campi ad Asolo, una casa con 4 campi con adiacente una casetta murata, teza coperta di paglia, cortile e brolo posta a San Zenone nella contrada detta “sora castello”.

A testimonianza dell'attività commerciale nel settore dell'oreficeria di Francesco, che deve aver fatto la sua fortuna prima a Venezia , ritroviamo nell'inventario dei beni mobili dati in dote per la figlia: “… damasco cremesin braza desdotto e mezo lire 181, soldi 6, raso biancho braza desdotto, lire 130, soldi 4, doi aneli doro cioè uno con saphil laltro con rubin, lire 101, una vera doro lavorada a fogie, lire 40, doi aneli doro con uno rubin et una turchina, lire 11, una vera picola de oro basso, lire 4, una cadenella picola doro, lire 45, una cadenella doro busa, lire, lire 50, una cadenella darzento indorada, lire 6, un pendente doro con doi prie et tre perle, una grossa et doi menude, lire 62, uno filo de perle, lire 74, perle menude de più sorte, lire 24, corali grossi n° 4, lire 24, una coroneta de corali con zegnali doro n° sette, lire 21, un scriminal darzento, lire 6, un curadente darzento, lire 1, soldi 4, una camisola de vergola con oro, lire 12, … uno cento de crestalini con corali, lire 6, un paro de zocholi de raso biancho, lire 2, quattro braza de cordella doro e darzento lire 5 soldi 12, …”.

 

 


 

DOCUMENTI 

Testamentum domini Mathei Barbarella civis Castrifranchi.

1581 indictione nona die lune vigesimo octavo mensis augusti Castrifranchi in domo habitatoris infrascriptis domini testatoris presentibus magistro Jacobo lizario quondam magistri Benedicti, magistro Joanne Bego carrario quondam magistri Dominici de Insula, magistro Aloysio Bego filio magistri Francisci, magistro Francisco pater dicti Aloysii quondam magistri Dominici, magistro Jacobo Magrino merzario quondam magistri Angeli, magistro Palomarino fabro filio magistri Francisci Begi de Insula et magistro Sebastiano Sereto calegario quondam magistri Joannis omnibus habitatoribus Castrifranchi testibus habitis et rogatis.
Ibique dominus Matheus Barbarella quondam domini Jacobi civis et notarius Castrifranchi jacens in letto in quadam camera dicte domus prospiciente versus mane et meridiem aliquali infirmitate opressus sanus tamen per Dei gratiam mente sensu et intellecto boneque memorie et loqutionis existens; considerans huius humane vite fragilitatem et quod nil est certius morte nil ve incertius hora illius, nolens intestatus decedere decrevit dum tempus instat per presentem hoc suum nuncupativum testamentum quod etiam sine scriptis ut prudentis est rebus et factis suis providere acursito ad hoc me Francisco Dotto notario primo namque pro debita executione ducalium provisionum superinde disponentium expulsis cunctis astantibus a camera in qua dictus testator reperiebatur fuit interogatus testator ipse per me notarium si quos volebat fore presenti hunc suo ultimo testamento et ultime voluntati et quomodo volebat illud et illam per me notarium scribi litteraliter ve in vulgariter qui respondit nolle aliquem fore presentem huic sue ultime ordinationi, in ei publicationi adhabere testes necessarios et scribi vulgari sermone per me notarium ad claras omnium intelligentiam et sic sumpta per me notarium lingua materna. Testator ipse in Dei eterni nomine sic cepit testare et ordinare.
In prima come bon et fidel cristiano l'anima sua al altissimo creatore, alla gloriosissima semper Vergine sua madre, et a tutta la celestial corte humilmenti raccomando volendo et ordinando che quando piacerà a sua divina Maestà de chiamar a se lui testador el corpo suo esser sepelito in la cesia della pieve de San Liberale in castelo in un monumento novo con pietra viva sopra, da esser fatto in termine de mesi dui de poi la morte de lui testador non spendendo magior summa de denari de ducati venti nel loco vechio o come meglio parerà alli infrascritti suoi comissarii et alla signora sua consorte di lui testador con el denaro dela sua heredità, facendo ancho essi commissarii riponer in detto monumento tutte le ossa de suoi figlioli premorti et sepolti in detta cesia, et altre ossa se ne fossero de altre suoi premorti, con quelle però esequie funerali et celebration di messa sopra el suo corpo che meglio parerà alli infrascritti suoi commissaii et heredi, quali altrimenti in ciò non agrava, sapendo che non mancheranno del debito loro et a quali in tutto et per tutto si remette. Interrogato lui miser testador se voleva ordinar cosa alcuna delle cose mal tolte, rispose che no, sapendo certo non posseder ne tenir cosa alcuna indebitemente. Interogato lui miser testador per mi nodaro se voleva ordinar et disponer cosa alcuna a pie cause, rispose che non. Item per raggion de legato ha lasciato a Isabella, Lucretia et Helena, figliole de lui miser testador et altre se ne harà ducati cinquecento doro da lire 6 soldi 4 per ducato per cadauna di esse da esserli datti, a ognuna di esse al tempo del suo maritar tra contadi et mobili da esser estrati nel mancho danno dela herdità sua, et questo sii per sua dotte et legittima che potesse spetar a dette sue figlie in li beni de lui testador et beni materni di esse sue figliole, et in caso che dette sue figlie non si contentassero della summa predetta; vol et cusì ordina lui miser testador chel legato predetto sii nullo; et sii assignata a dette sue figliole la sua portione de legittima che gli potesse spetar in li beni paterni et portione de beni materni et questo in tanti contadi, con condicione che se alcuna di esse sue figlie volesse monachar alhora vol et cusì ordina lui miser testador che tal sua figlia o più de esse che volesse o ver volessero monachar o ver far tal professione habia o ver habino solamente ducati tresento in tanti contadi et mobeli per cadauna di esse et quelle sopra più che resterà fino alla summma de ducati cinquecento vada in aug[men]to de dotte delle altre sue figlie che si maridassero o ver pizocherassero con condicione che manchando una o più di esse sue figlie non maridate et senza testamento; vol et cusì ordina lui miser testador che tal portione di quella et quelle che manchassero, devegni et devenir debbi in le altre figlie di lui testador che fossero da maridar, esclus però quelle che pizzocherassero da tal successione. Item vol et cusì ordina lui miser testador che la pudica madonna Catharina sua dilettissima consorte, sii domina donna patrona et usufrutuaria con tutti pero suoi figlioli che serano a lei obedienti de tutti et qualunque beni de lui miser testador si mobili come stabili, di qualunque sorte qualità et quantità vedoando però et vivendo casta ed honesta et che non sii tenuta a render conto alcuno della administratione che lei facesse, non me che sii fatto inventario do poi la marte de lui testador de tanti suoi beni mobeli et consignati a lei madonna Catherina per li infrascritti suoi commissarii et cose se intendi di beni stabeli, con questa etiam conditione che lei madonna Catherina non possi esser astreta a render conto delle entrate che fossero in casa nel tempo della morte de lui testador, et che ogni anno etiam si scosserà et di quello che è da scuoder da debitori pagando però prima le debite particolari et publice con la pottestaria se ne serà come per l'ultimo saldo si corderà; et altri interessa che havesse la sua facultà; et cusì ancho vol lui testador che essa sua consorte non possi esser astreta a render conto alcuno delli mobeli iurando però lei chel tutto sii passato a util et beneficio della heredità de lui testador, volendo et ordinando che sua consorte et commissarii debano al titto disbrigar et liberar la heredità de lui testador da ogni debito gravezza et obligatione che fosse sopra detta sua heredità. In tutti veramente et qualunque altri suoi beni mobeli et immobeli raggion et actioni per qualunque modo spetanti et pertinenti a lui miser testator et che per qualunque modo gli potesse spetar quomodocumque et qualunque di poi però la morte di lei madonna Catharina sua consorte usufrutuaria come di sopra, heredi suoi universali ha instituito et vogliuto che siano cum equal porcion miser Marco Aurelio et Girolamo suoi fioli legitimi et naturali, et altri mascoli se ne havrà con conditione che manchando uno o più de essi suoi fioli in età minor et non atti a disponer, et senza testamento, li altri superstiti succedino et succeder debbano con equal portion, et in caso che tutti sui suoi fioli mascoli manchassero senza fioli legittimi et senza testamento che Idio non voglia vol et cusì ordina lui testador che tutti li beni suoi devengino et devenir debbano in le prefate sue fiole che fossero maridate o da maridar quale alhora et in quello caso chel signor Dio non el voglia herede ha sustituito ececto che della casa edificata per lui miser testador, ove era di Zabotini apresso le mure del castello con tutte sue habentie et pertinentie qual devegni et devegnir debba in miser Hercule Barbarella fratello de lui testador, essendo però vivo, et non nel fiolo suo magior masculo; et cusì vol et ordina lui testador che detta casa nel caso predetto vada et andar debbi nel fiolo fiolo magior masculo de lui miser Hercule, et cusì de herede in herdi masculi li magiori legitimi et naturali et de legitimo matrimonio durando el mondo al modo predetto con obligo de tenir essa casa in concio et in colmo comittendo et ordinando lui testador espresamente che li detti suoi fioli heredi come di sopra instituiti debano star a obedientia come è debito suo de detta madonna Catharina sua madre sotto pena de privatione della sua portione che gli potesse spetar in la heredità de lui testador, et ancho del usofrutto in caso de contrafatione, e tal cognitione et esegutione vol et ordina che sii fatta per li infrascritti suoi commissarii o maggior parte de essi insieme con detta sua consorte tolendo etiam ponendogli al brazzo della giusticia, et in caso che essa madonna Catharina sua consorte non volesse vedoar, vol et ordina lui testador che gli sii datto et numerato ducati mille doro a lire 6 soldi 4 per ducato, in tanti contadi in li beni de lui testador; et questo per ogni et tutto quello che lui testador ha havuto et receputo si da lei sua consorte come da suoi fratelli et parenti; havuto respeto a molte spese fatte per lui testador si come è notorio a tutti; volendo ancho et ordinando che li detti suoi fioli et heredi non possino devenir a division tra loro di beni suoi, se le minor de età di loro non harà la età de anni, vinti. Comissarii veramente et esegutori in questo suo ultimo testamento et ultime ordinationi ha vogliuto che siano cum detta sua consorte el reverendo miser Aluise el reverendo padre monaco Andrea et miser Hercule Barbarella fratelli de lui testador et miser Lorenzo di Menegini suo cugnato pregando ognuno de loro ad accetar et esercitar tal caricho per memoria del operato per lui testador per detti suoi fratelli; con ampla et […] et libertà de vender et alienar di beni de lui testador per eseguir quanto si contiene nel presente suo testamento qual ha vogliuto esser el suo ultimo testamento et ultima voluntà, cassando et annulando ogni et qualunque altro testamento per avanti che hora per se fatto volendo et ordinando el presente valer et ottenir sopra tutti li altri, et se per raggion de testamento et ultima voluntà valer et ottenir non potesse; vol et cusì ordina valer et ottenir per raggion de codicillo o donation per causa di morte o per l'amor de Dio o ver per quelle miglior modo che meglio valer et ottenir potesse et in fine di qualunque legato et clausula. Interrogato lui testador se cusì voleva ordinava et disponeva si come per mi nodaro è sta’ scritto et publicato rispose di propria bocca cusì voglio ordino et dispono alla presentia di testimoni suprascritti. Qui dominus testator prefatus vocavit et annotatis testibus suprascriptis pro publicatione presentis sui testamenti ante publicationem illius dixit et mandavit vocari debent dominam Catharinam eius consortem et dominum Marchum Aurelium eius filum ad hoc ut adsint et presentes et ipsi sint publicationi dicti testamenti quibus vocatis et introductis per me notarium postea publicatum fecit testamentum ipsum ad presentiam dictorum testium et presentia domine Catharine et filii et cetera.

 

Emptio domini Mathei Barbarella a domino Joanne Zabotino et fratre

1578 indictione sexta die mercuri decimo mensis Decembris Castrifranci in studio mei Francisci Dotto notarii presentibus magistro Matheo marangono et Bartholamio filio suo habitatoribus Castrifranci testibus habitis et rogatis.

Ibique domini Joannes et Zabbotinus fratres de Zabotinis quondam domini Benedicti cives Castrifranci ambo simul principaliter et in solidum et quilibet de per se renuntiantes et per se et eorum heredes ad proprium jure proprio et in perpetuum dederunt, vendiderunt et tradiderunt domino Matheo Barbarella quondam domini Jacobi civi et notario Castrifranci ibi presenti ementi stipulanti ac recipienti pro se et suis heredibus, unam domum de muro cuppis cohopertam male et cum cameris salla coquina curia putheo horto et broduleto cum frutariis et pedibus quatuor morariorum usque ad menia castri versus montem, et cum terreno et fabricis ad presentem tente per magistrum Aloisium carrarium filium magistri Francisci Begi et magistrum Magrinum merzarium, super quo terreno menis et fabricis ut dixerunt venditores predictus Magrinus fecit alia melioramenta et fabricas et solventes ambo ipsi de livello annuo presentibus venditoribus, ve magister Aloisius libras triginta septem soldos 4 parvorum et predictus Magrinus libras triginta octo parvorum et cum omnibus et quibuscumque aliis iuribus habentiis et pertinentiis spectantibus et pertinentibus ipsis domui et bonis suprascriptis, et pro ut et quemadmodum ipsi fratres venditores tenent gaudent et possident transferendo in ipsum dominum Matheum emptorem queque jura sua et actiones qualia et quante sint, que in quas ipsi fratres venditores tam et quo vis modo habere possunt et possent in bonis venditis et juribus quibuscumque et fabricis ut supra factis et jura posita bona ipsa cuncta ut supra vendita intra menia Castrifranci in quarterio Musilis, a mane via publica et prefatus Alouisius carrarius cum fabricha in turri et partim heredes domini Bernardini Martha cives Castrifranci, a meridie via comunis a sero illustris dominus Scipio Constantio, et partim illi de Roverio de Tarvisio, a monte menia castri et partim dictus magister Alouisius Carrarius cum fabrica suprascripta in turri salvis et cetera ad habendum et cetera quicquid et cetera cum omnibus et cetera et quibus et cetera et hoc pretio et foro ducatorum sexcentorum auri ad libras 6 soldos 4 pro ducato exbursandorum in hunc modum vero idem dominus Matheus emptor promittit et sic se obligat omni prorsus remota exceptione ex conventione sic sequta cum venditoribus prefatis eisdem exbursare quam primus finitis primis stridationibus de bonis ipsis tacitis et quietis in eb[d]omadis die dominico proximo futuro ducatos ducentos auri ad libras 6 soldos 4 pro ducato illico, postea dandos et exbursandos per ipsos venditores in alteris suis creditoribus, ve ser Joanni Antonio Sonzino sororio suo ducatos [( tres…ginta tres in ( )] ad libras 6 soldos 4 pro ducato pro residua dottis quondam done […] suis uxoris et sororis venditorum, item ser Jacobo Magrino merzario predicto ducatos triginta ad dictam rationem pro recuperatione portarum magnarum cum pauco sedimine prout in instrumento rogato per illos de Vulpatis ad quod et cetera et de ressiduo usque ad summam predictam ducatorum ducentorum pro in partim pro solvendo nonnulla livella et pensiones decursas et non solutas magnificis nobilibus de cha Balbi et aliis suis creditoribus, reliquum vero usque ad dictam summam ducatorum sexcentorum quod […] etiam ducatorum quadringentorum ad dictam rationem idem dominus Matheus emptor prefatus ex conventione sic sequta cum venditoribus ipsis promisit et sic solvere se obligavit exbursare eisdem venditoribus cum sua comoditate et quamcumque in termino tamen annorum novem que cuncte summe faciunt per tottum ducatos ducentos pro integra annorum quinque proximorum futurorum in eb[d]omadorum quinque primum finitis primis stridationibus de presenti faciendis una cum pensione infrascripta annua persolvenda de dictis ducatis quadringentis ad dictam rationem que […] incipiat et sic intelligat processis stridationibus primis ut supra interim vero usque quo facta exbursatio predicta in terno prefato stride dominus Matheus emptor promisit et sic solemniter se obligat solvere et rendere eisdem fratribus venditoribus annuam pensionem in ratione ducatorum sex ad dictam rationem pro ventennio ducatorum exbursandum tam per ipsum Matheum et prout etiam sic se obligavit nomine venditorem magnificis nobilibus de cha Balbi ad bonum computum pensionis ad quam omnia in maiori summa prefati venditores obnoxii sunt dictis nobilibus sublevando et disgravando dicto domino Matheo emptore pro tali pensione presolvenda ut supra pro summa prefata eosdem fratres venditores sumendo in et super se id omnis et obligationis pro quibus sic ut supra exbursandis et pensione ut supra persolvenda per ipsum dominum Matheum pro residuo dictorum prefatorum ducatorum quadringentorum prefati fratres venditores se vocarunt et dixerunt se plene solutos et integrum satisfactos facientes eidem domino Matheo finem et quietationem et cetera exequtis tam prius promissis, constituentes interim se venditores ipsi precario nomine emptoris tenere et possidere bona vendita donec et cetera ad quam et cetera promittentes quoque et cetera sub pena dupli et cetera et reficibus et cetera qua soluta vel modo et cetera pro quibus omnibus et cetera in forma debita.

ASBas. Notarile Castelfranco,
b. 85 notaio Francesco Dotto, anno 1578, cc. 139r, v, 140r.

 

Il 28 giugno del 1579, Matteo Barbarella nello studio del notaio Francesco Dotto consegna ulteriori ducati duecento a Giovanni Zabotino.

Emptio domini Jacobi Martha a domino Hieronymo Bavaria

1575 indictione tertia die lune septimo mensis Novembris Castrifranci in studio mei Francisci Dotto notarii presentibus ser Antonio de Prosdocimis quondam ser Hieronymi civis Castrifranchi et magistro Matheo marangono quondam magistri Joannis habitatoribus dicti loci testibus habitis et rogatis.
Ibique dominus Hieronymus Bavaria quondam domini Francisci civis et notarius tarvisinus, pater gubernator et tuttor creatus per magnificum dominum potestatem instanti mane filiis suis ex quondam dona Elisabethe uxori sua heredibus quondam domini Hieronymi de Aurificibus quondam ser Francisci civis Castrifranchi ut de tuttella est vigere in actis officii notariorum Castrifranchi ad faciendum instantem venditionem pro minori damno dictis hereditatis, et pro restituendo ut dixit denarios habitos mutuo pro exbursando residuum dottale donne Lucretie relicte prefati domini Hieronimi, et cum quibus filiis suis in specie sua se obligat simul principaliter et in solidum ad proprium jure proprio et in perpetuum dedit vendidit et tradidit domino Jacobo Martha quondam domini Bernardini civi Castrifranchi ibi presenti ementi stipulanti et recipienti pro se et suis heredibus unam domum de muro cupis cohopertam cum curia horto putheo et alia domuncula secum tenente penes hortum cum solariis et aliis suis juribus habentiis et pertinentiis et in quantitate pro ut est positam intra menia Castrifranchi penes ecclesiam divi Liberalis, a mane, meridie et monte vie comunes a sero ecclesia predicta salvis et cetera, item domunculas duas a pede plano retro ipsam domum magnam, cum suis hortis tendentibus usque ad menia castri, item aliam domum de muro et cupis in solario ad presentem habitatam per Josephum portitorem vini, retro ipsam domum magnam secumtenentem cum predictis duabus domunculis similiter cum suo horto usque ad menia castri, cum omnibus suis habentiis et pertinentiis et prout emit et acquisivit et possidebat quondam ser Franciscus Aurifex avus maternus dictorum heredum et socer predicti domini Hieronimi positam similiter intra menia castri retro ecclesiam prefatam, a mane illi de Pulcheris cives Castrifranchi, a meridie menia castri, a sero dominus Augustus Avogarius cum quadam sua domo habitata per Angelum murarium mediante quadam calicella, a monte via comunis salvis et cetera, ad habendum et quiquod et cetera, cum omnibus et cetera, et generaliter et cetera, et hoc pretio et foro ducatorum mille auri ad libras 6 soldos 4 pro ducato ad bonum computum et pro parte cuius pretii idem dominus Hieronimus pater, gubernator et tutor ut supra, habuit et manualiter recepit a predicto domino Jacobo emptore ad presentiam mei notarii et testium suprascriptorum ducatos quingentos auri ad libras 6 soldos 4 pro ducato in tot auro et monetis argenteis, reliquum vero quod est aliorum ducatorum quingentorum ad dictam rationem, idem dominus Jacobus emptor ex conventione sic inmita cum dicto domino Hieronimo venditore promissit et sic solvere se obligavit omni prorsus remota exceptione effectu alteri exbursandum hoc modo ve, hinc ad annum de mense octobris 1576 ducatos tercentos auri ad dictam rationem, et aliud ressiduum quod est ducatorum ducentorum ad dictam rationem pro completa et integra solutione pretii predicti de mense octobris 1577, pro quibus sic exbursatis et exbursandis idem dominus Hieronimus venditor pater gubernator et tuttor ut supra et in specie sua vocavit et dixit se plene solutum et integre satisfactum de pretio predicto faciens de receptis finem et quietationem et cetera, et promittens ut supra constitus interim se predictus dominus Hieronimus dictis nominibus precario nomine emptoris tenere et possidere bona predicta ut supra vendita donec et cetera ad quam et cetera, promittens quoque et cetera, sub pena dupli et cetera, qua soluta vel non et cetera, pro quibus omnibus et cetera, in forma debita et cetera.

Sequuntur stride

1575 Indictione tercia die Jovis decimo mensis novembris in cancellaria audentie pallatii pretorii presentibus excellente domino doctore Francisco Barbarella et domino Francisco de Zaghi notario, ambobus civibus Castrifranci, testibus habitis et rogatis.
Magnificus et generosus dominus Vincentius Georgio pro serenissimo ducali dominio Venetis et Castrifranci, et districtus potestas dignissimus ita instante excellente doctore domino Petro Dotto nomine domini Jacobi Martha quondam domini Bernardini civis Castrifranci emptoris nominati in precedenti instrumento emptis diei septimi instantis sequens formam ducalium provisionum super in omni melius modo et cetera commissit publicas stridas et proclamationes fieri de domibus cunctis contentis et nominatis in precedenti instrumento emtionis per ipsum dominum Jacobum facte a domino Hieronimo Bavaria patre gubernatore et tutore filiorum suorum heredum quondam Hieronimi de Aurificibus pretio ducatorum mille auri ad libras 6 soldos 4 pro ducato exbursatorum et exbursandorum prout in preallegato instrumento et pactis modis et conditionibus prout in ipso instrumento rogato per me notarium, ad quod et cetera mandans et committens ad hoc deputato absenti tamque presenti […] tribus diebus dominicis uno alteri successivis horis ac locis solitis stridare et ploclamare debeat emptionem predictam dicendo et proclamando quam si foret aliquis de presentibus volens super[…] uti aliquo suo vice quo vis modo comparere debeat in termino dierum triginta a die presenti stride conumerandum alter et cetera et quod in fine et cetera et relationem et cetera servando in omnibus formam promissarum ducalium provissionum.

Die dominico 13 novembris 1575 reliquit Baptista Cechinus ad stridas deputatus et hodie super ponte anteriore castri stridasse ut in commissione Hieronimo filio Francisci Vincentini et Nicolao quondam Petri Mathara ut ad ecclesiam Sancti Liberalis presentibus Antonio de Maserio et Francisco Compagnono pro prima strida.
Die dominico XX dicti

Il 30 gennaio del 1580, nello studio di Francesco Dotto, il notaio Aurelio Vonica del fu Bartolomeo cittadino di Treviso riscuote, a nome di Gerolamo Bavaria, il saldo finale per l’acquisto delle case da Giacomo Marta.

ASBas. Notarile Castelfranco
b.85 notaio Francesco Dotto cc 282v e 283r.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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